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Esprimi una opinione pacata, e arrivano le offese. Ti fai un selfie ricolmo di felicità, e gli hater offendono. Sui social chi più ne ha più ne mette, in barba al rispetto della persona.
Sempre più spesso leggiamo insulti che inondano i social, poco importa se ad essere bersagliati sono politici impegnati, influencer, o persone che semplicemente esprimono una opinione in contrasto alle discriminazioni più diffuse, sessuali e sull’orientamento sessuale, razziali, etniche o religiose. Nessuno viene risparmiato. E il commento arriva graffiante, a cui a volte si accodano altri che rincarano la dose, anche con meme o video umilianti.
Possiamo difenderci dall’odio virale, qualsiasi forma assuma, usando precisi strumenti.
Anzitutto, teniamo presente che l’offesa consiste in una condotta lesiva della dignità altrui, potendo essere destinata a un singolo individuo o a gruppi di persone. Quindi, la lesione interessa la persona e si distingue dal confronto – scontro su un determinato oggetto, sia questo un argomento trattato in un post oppure un fatto esterno, come, ad esempio, una prestazione sportiva o il discorso di un politico.
Una offesa incide la sfera della dignità, della reputazione, dell’immagine, dell’autorevolezza o dell’autorità altrui [1]riconosciuti dall’art. 2 Costituzione della Repubblica Italiana, travalica il limite del rispetto civile e reciproco e consiste nell’uso deforme della libertà di espressione e di critica [2]riconosciuto dall’art. 21 /c.1 Costituzione della Repubblica Italiana.
Il social network è uno spazio informatico dove gli internauti sono tra loro collegati dai dispositivi elettronici di cui dispongono e dove ogni loro azione viene immagazzinata in un server, accentrato o diffuso che sia.
Ogni social network è perciò una pubblica piazza virtuale, dove i commenti, le fotografie ed i video sono continuamente disponibili per la visione e la cui consultazione è spesso automatica, solitamente tramite scorrimento verticale, detto scrolling, che consiste nel caricamento di contenuti senza soluzione di continuità, cioè nonstop.
Perciò l’insulto inviato nel social diventa ad ogni effetto pubblico, con la forza di un urlo che tutti possono udire. E gli ascolti altro non sono che le visualizzazioni.
Tra gli aspetti da esaminare nel soppesare un insulto ne troviamo alcuni di maggior rilievo.
Un improperio rivolto ad una persona autorevole o ad un volto noto produce un effetto lesivo molto ampio se paragonato ad una lite nel gruppo privato dell’associazione condominiale.
Pensiamo, ad esempio, all’apostrofare come “orango” un ministro della Repubblica Italiana [3]così esaminato da Cass. Penale sent. n.7859/2018 piuttosto che “partito escort” una formazione politica cittadina [4]così esaminato da Cass. Penale sent. n.17944/2019, tali casi incideranno in modo più diffuso e profondo rispetto ad un diverbio degenerato tra ex partner.
Mentre, ancora, la pubblicazione “di getto” di una offesa sulla scia di un recente evento va valutata in modo attenuato al confronto di un contenuto scritto dopo molto tempo, senza specifico riferimento ad un comportamento dell’offeso o “a mente fredda”, cioè senza il persistere di sentimenti vivi come il rancore [5]Cass. Penale sent. n.7244/2015.
Va anche valutato se l’epiteto sgradito fa da apripista incitando all’insulto o, ancora, va ad alimentare in modo organizzato una tempesta di insulti.
Infine, se l’autore cancella il post, spontaneamente o su richiesta della persona offesa, adotta un contenimento della portata lesiva rimuovendo l’elemento della persistenza.
Il primo strumento di tutela consiste nella richiesta di intervento alla piattaforma sul contenuto offensivo.
Il contenuto potrà quindi essere rimosso dalla piattaforma, oppure oscurato così da essere non raggiungibile agli utenti oppure ancora può essere bloccato l’autore dell’offesa.
Al riguardo, Twitter, Google (con Youtube) e Facebook (anche con Instagram) hanno aderito al Codice di condotta per il contrasto all’incitamento all’odio online dell’Unione Europea [6]EU Code of Conduct impegnandosi, tra l’altro, a rimuovere con speditezza il materiale offensivo caricato sulle loro piattaforme.
I risultati sono concreti, infatti, “in media il 90% delle notifiche viene revisionato entro 24 ore e il 71% del contenuto viene rimosso” [7]Quinta valutazione giugno 2020, contenuto di odio inerente per la maggiore l’orientamento sessuale (33,1%), senza risparmiare la xenofobia (15%), l’antiziganismo (9,9%), l’antislamismo e l’antisemitismo (9,4% e 7,1%).
Al riguardo, ricordiamo pure che il nostro ordinamento giuridico prevede un particolare regime di pena per i reati commessi per finalità discriminatorie o di odio etcnico, nazionale, razziale o religioso [8]art. 3 D. Lgs. n.122/1993 con moderata corrispondenza alle condotte esaminate dal citato Codice di condotta.
Alla richiesta di rimozione si aggiungono altri strumenti attivabili contro gli atti di bullismo virtuale ai danni di minori [9]L. n.71/2017.
Il cyberbullismo può assumere molte forme, con forte condizionamento psichico di chi lo subisce. Quando l’insulto diventa opprimente, proviene dal branco o si traduce in una continuazione dell’aggressione che esce dalla scuola e continua sui social, gli stessi minori dai 14 anni in su o i loro genitori possono chiedere alla piattaforma Institute's web portal la rimozione del contenuto improprio.
La disciplina del contrasto al cyberbullismo è modellata per tutelare il minore sia dall’isolamento sia dalla messa in ridicolo. Perciò, anche un insulto all’aspetto fisico volto a far vergognare qualcuno del proprio corpo, cioè il novello body shaming, o a deriderlo nella pubblica piazza virtuale, anche tra gli “amici” di scuola, rende attivabili le tutele della legge anti bullo.
Oltre alla segnalazione del contenuto alla piattaforma, la richiesta di rimozione dell’offesa può essere inoltrata al Garante per la protezione dei dati personali (il “Garante Privacy“), col modello da inviare via email [10]a cyberbullismo(at)gpdp.it. L’autorità si attiverà entro 48 ore in modo diffuso.
A questi due rimedi si aggiungono, infine, la segnalazione all’istituto scolastico della condotta illecita perpetrata dagli studenti, specie se ha luogo durante l’orario di permanenza a scuola, e la diffida diretta ai genitori del bullo a 8bit.
Alle volte capita che l’insulto sia troppo incisivo, intaccando nel profondo chi viene dileggiato e deriso.
Occorre, quindi, premunirsi di (pazienza e di) una fotografia del contenuto offensivo, cioè bisogna farne uno screenshot. Siccome al contenuto (oggetto) è legato l’autore (soggetto) che lo ha redatto e pubblicato (condotta lesiva), è opportuno procedere anche al salvataggio in locale della pagina Institute's web portal dove sono contenuti il commento, l’immagine o il video.
Un altro accorgimento. Una volta eseguito il salvataggio della documentazione avremo assicurato una buona parte della prova che, per prudenza, è anche consigliabile collocare in un tempo certo mediante marcatura o validazione temporale, anche tramite un non fungible token su blockchain.
L’insulto via social comporta conseguenze giuridiche di rilievo quanto alla tutela dei diritti inviolabili della persona che, a loro volta, possono portare, sul piano civile, al risarcimento dei danni subiti dall’offeso [11]ai sensi dell’art. 2043 c.c., sul piano penale, all’azione di accertamento del reato [12]più di frequente, ai sensi dell’art. 595 e ss. in caso di diffamazione, dell’art. 341 bis per l’oltraggio a pubblico ufficiale.
Chi viene offeso può chiedere allo Stato l’accertamento del reato sporgendo denuncia-querela alla Procura della Repubblica, oppure presso le stazioni delle Forze dell’Ordine, dove troviamo la specializzazione della Polizia Postale.
Il risarcimento del danno civile può essere chiesto dall’offeso o nella stessa sede penale, con la cosiddetta costituzione in giudizio della parte civile, oppure con un’azione indipendente nella sede civile, la cosiddetta citazione in giudizio.
A seconda dell’insulto, di come, quanto e quando viene diffuso, chi viene dileggiato può patire diversi danni di carattere patrimoniale e non che vanno provati.
La condotta illecita può, in particolare, apportare gravi lesioni dell’altrui dignità, reputazione, immagine, autorevolezza o autorità, che possono incidere con diversa gradazione sull’integrità della salute fisica e psichica, sul reddito e sulla capacità di produrne [13]si tratta di diverse voci di danno, da quello biologico e morale, incluso quello esistenziale, per il non patrimoniale, alla perdita economica o di reddito di natura patrimoniale.
In conclusione, è sempre preferibile confrontarsi sugli argomenti, anche duramente, magari persuadendo il prossimo. E se dovesse offenderci, perché forse argomenti non ne ha, sapremo difenderci.
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Avvocato Giovanni Paolo Sperti
References and sources
↑1 | riconosciuti dall’art. 2 Costituzione della Repubblica Italiana |
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↑2 | riconosciuto dall’art. 21 /c.1 Costituzione della Repubblica Italiana |
↑3 | così esaminato da Cass. Penale sent. n.7859/2018 |
↑4 | così esaminato da Cass. Penale sent. n.17944/2019 |
↑5 | Cass. Penale sent. n.7244/2015 |
↑6 | EU Code of Conduct |
↑7 | Quinta valutazione giugno 2020 |
↑8 | art. 3 D. Lgs. n.122/1993 |
↑9 | L. n.71/2017 |
↑10 | a cyberbullismo(at)gpdp.it |
↑11 | ai sensi dell’art. 2043 c.c. |
↑12 | più di frequente, ai sensi dell’art. 595 e ss. in caso di diffamazione, dell’art. 341 bis per l’oltraggio a pubblico ufficiale |
↑13 | si tratta di diverse voci di danno, da quello biologico e morale, incluso quello esistenziale, per il non patrimoniale, alla perdita economica o di reddito di natura patrimoniale |
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